Un piatto di pasta riscaldata

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A volte alcuni studi portano a risultati abbastanza “strani” se paragonati all’esperienza comune.

La prof.ssa Denise Robertson ed il dott. Chris van Tulleken, ad esempio, hanno studiato gli effetti sulla glicemia dell’assunzione di una semplice pasta al pomodoro in 3 diverse condizioni, e cioè

  • mangiata appena cotta

  • mangiata dopo un lasso di tempo dalla cottura (una volta lasciata raffreddare)

  • mangiata dopo averla cotta, lasciata raffreddare e successivamente riscaldata

Risultati sorprendenti

La salita glicemica rilevata sui partecipanti al test è stata minore quando la pasta è stata consumata fredda (modo 2). Ma la salita era ancora più bassa (con una riduzione intorno al 50%!) quando la pasta veniva mangiata dopo successivo riscaldamento (modo 3).

Ed è un risultato davvero interessante, perché una risposta glicemica rallentata implica una minore quantità di insulina necessaria.

I passaggi termici della pasta da “cotta” a “fredda” e poi “riscaldata” aumentano infatti la quantità di amido-resistente, cioè un tipo di amido che resiste alla digestione nello stomaco e nell’intestino.

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Benefici ad ampio raggio

Questa assimilazione più lenta riduce i picchi glicemici ed in parte anche le calorie assimilate. Sono stati notati anche effetti positivi sul benessere intestinale: l’amido-resistente nutre in modo positivo nel colon i batteri nostri ospiti, che rilasciano il butirrato, molecola fondamentale per ridurre stati infiammatori e rinforzare la parete intestinale.

E con il riso?

A partire da questi esperimenti, studiosi dello Sri Lanka hanno compiuto tentativi simili usando il riso, con la stessa tecnica, cioè valutando l’innalzamento glicemico con l’assunzione di riso appena cotto, e confrontandolo poi con quello raffreddato ed anche con quello riscaldato. Anche in questo caso, l’assunzione dopo raffreddamento e successivo riscaldamento hanno mostrato forti vantaggi.

I livelli di amido-resistente sono risultati fino a 15 volte maggiori, con riduzione della necessità glicemica e dell’introito calorico.

Questi studi evidenziano intanto un modo completamente nuovo per migliorare la salubrità del nostro cibo. Ed inoltre ci confortano sul fatto che l’abitudine a cucinare quantità maggiori di carboidrati e consumarne poi il giorno dopo (o nel pasto successivo) non è un ripiego, ma anzi, ha effetti positivi sul nostro benessere.

Nel metodo GIFT, questo ci semplifica la vita: dato che i carboidrati integrali richiedono una cottura più lunga, possiamo tranquillamente prepararne in quantità maggiore, così da averli pronti per il pranzo successivo, con i benefici evidenziati da questi studi.

Più pratici e più sani, quindi!


http://www.bbc.co.uk/programmes/articles/3LncBcDcCXKgtpFvrDZVnNQ/can-my-leftovers-be-healthier-than-the-original-meal